Mi piacciono da matti le chiese piccoline. Non troppo illuminate, profumate d'incenso, possibilmente con delle candele vere e non con quelle schifezze elettriche che imperversano ora. Mi ci siedo volentieri prima di andare al lavoro o in un attimo di pausa. Mi piace il silenzio, il raccoglimento. Alcune chiese sono proprio vissute e sono ancora più belle. Hanno poster dei ragazzini appesi in giro, annunci di incontri, ritrovi, gite, hanno un'anima. Ma anche quelle più tranquille sono belle. Accendo una candela e mi siedo. Mi guardo in giro, assorbo il silenzio, penso ai fatti miei. Ringrazio per quanto di buono - tanto, tantissimo, sconfinato - c'è nella mia vita. Ed, le bimbe, gli amici, una bella famiglia, tutti sani. Una casa, due gatti, cibo più che a sufficienza, l'acqua corrente, una bicicletta. Non mi sarebbe piaciuto nascere in un secolo o in un luogo meno comodo di questo, sono stata fortunata.
Non mi fermo mai più di cinque minuti, il mia spiritualità si scarica piuttosto in fretta; torno subito a pensare a quello che c'è da fare in ufficio o da organizzare per le piccole. Però ogni tanto un minutino di silenzio mi fa bene. Mo sostiene che questo è un chiaro segno di non-ateismo, ma io sono convinta di entrare in una chiesa perchè è il posto più vicino che ho. Se fossi in oriente, farei un salto in un tempio, se abitassi in mezzo alla natura mi metterei sotto un albero. Bello è fermarsi un attimo a pensare, non importa dove.
domenica 16 dicembre 2007
sabato 1 dicembre 2007
Dall'alto, guardo le mie mani. Lentamente, con pazienza, impastano. E' tempo di cappelletti, tra poco è Natale, la tradizione è passata a me. A noi, anzi, tutta la famiglia partecipa alla preparazione dei famosi cappelletti. Le piccole tirano la pasta, facendo a turno con la manovella, poi aiutano a riempirli, papà li chiude (e li rende tutti squadrati perfetti, da bravo nordico).
Guardo le mie mani e sparisce ogni suono. Non sento più la tv, non vedo più la famiglia né i gatti, le guardo e vedo le mani di mia madre. Vedo le mani delle mie bimbe, che impasteranno a loro volta. Vedo le mani di zie, nonne, generazioni di donne che hanno impastato. Vedo pentoloni che borbottano, grembiuli, vapore, anni di storia che ruotano attorno a una tavola imbandita. Le stesse mani che lavoravano i campi e ora schiacciano i tasti di un computer. Le stesse mani che lavavano i figli piccoli nei catini e ora li lavano sotto un bello scroscio di acqua corrente. Quelle che zappavano un orto e ora guidano la macchina. Mani che reggono un libro, amano, lavano, pettinano, accarezzano, portano la spesa, ammoniscono, ridono. Mani che impastano.
Alla fine sono sempre le stesse mani.
Guardo le mie mani e sparisce ogni suono. Non sento più la tv, non vedo più la famiglia né i gatti, le guardo e vedo le mani di mia madre. Vedo le mani delle mie bimbe, che impasteranno a loro volta. Vedo le mani di zie, nonne, generazioni di donne che hanno impastato. Vedo pentoloni che borbottano, grembiuli, vapore, anni di storia che ruotano attorno a una tavola imbandita. Le stesse mani che lavoravano i campi e ora schiacciano i tasti di un computer. Le stesse mani che lavavano i figli piccoli nei catini e ora li lavano sotto un bello scroscio di acqua corrente. Quelle che zappavano un orto e ora guidano la macchina. Mani che reggono un libro, amano, lavano, pettinano, accarezzano, portano la spesa, ammoniscono, ridono. Mani che impastano.
Alla fine sono sempre le stesse mani.
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