lunedì 18 luglio 2011

When in Rome, do as the romans do. When in Holland...
Si fa presto a tornare ai modi olandesi. Come da copione, siamo sotto una pioggia pressoché perenne. Allora si impara a fare come fa il resto del paese, ossia: al primo raggio di sole (o per lo meno alla prima vaga schiarita) si molla tutto e si esce.
Ieri abbiamo approfittato della prima nuvola meno carica di pioggia per inforcare le biciclette e farci un giro. Abbiamo pedalato per una quindicina di chilometri in mezzo a questi prati sconfinati. Nel giro di un'ora abbiamo incontrato: mucche e pecore (un classico), una mamma capra con quattro tenerissimi caprettini, galline gazze rondini, cani gatti cavalli, un tacchino con due pulcini (veramente brutti, porìn), un airone, anatre, due cigni e due maiali enormi neri e pelosi.
A Bologna quando incontro un fagiano nel parco mi sembra il massimo dell'esotico.
E così ogni paese ha una sua bellezza.
Epilogo: abbiamo fatto in tempo a riporre le bici ed è venuto giù l'inferno. Noi intanto la nostra bella pedalata ce la siamo goduta. Nella vita forse è meglio non stare troppo a pensare, altrimenti si perdono le occasioni delle schiarite.

lunedì 11 luglio 2011

E sempre riguardo al mio post precedente, c'è da dire che l'Olanda è proprio stronza e che sta facendo del suo meglio per farsi vedere dal suo lato migliore. Vivo sull'acqua in una casa con giardino, vedo gente passarmi sotto il naso sopra bellissime barche e farmi ciao ciao mentre sono comodamente seduta sul divano. Esco e cammino lungo una strada ammantata di alberi profumati, sbirciando dentro case fiabesche. Prendo la bici e passo da un paesino all'altro attraversando una cartolina con il prato verdissimo la mucca che pascola e le nuvolette bianche disegnate in un cielo di un blu improbabile. Mi sforzo di pensare che nulla di tutto ciò è vero. E' una vacanza, una bellissima vacanza, ma non è la nostra vita. Questa casa non è nostra, se mai dovessimo tornare non abiteremmo certo in mezzo a prati fatati ma in un appartamento al quarto piano senza ascensore in una popolatissima strada di città, incasinata come tutte le città del mondo. E' vero che ora splende il sole e sembra di vivere a Cartoonia, ma è anche vero che tra poco inizia a diluviare e non smette più fino a giugno prossimo.
Poi però porto il cane a fare un giretto e vengo risucchiata un'altra volta dall'idillio. Ci penso e capisco come mai un paese che avevo ripudiato di netto ora mi attira con il suo canto da sirena. Mi attira per le stesse ragioni per le quali l'avevo abbandonato. Qui tutto segue le famigerate "tre erre" che le levatrici olandesi predicano per il benessere dei neonati: Rust (quiete), Reinheid (pulizia) e Regelmaat (regolarità). Tutto quello che mi tirava scema dieci anni fa, ora mi sembra un sogno. Dopo una decade vissuta su una fune, con l'incertezza come unica costante, rivedo la mia vecchia vita con i suoi giorni ben scanditi da riti precisi in un paese che segue una sceneggiatura ben delineata e mi sembra da matti aver abbandonato tutto. L'altro giorno ero ad Amsterdam con una mia amica storica che ho conosciuto qui quasi vent'anni fa. Da allora abbiamo avuto entrambe delle vite da flipper ma in un modo o nell'altro ogni tanto riusciamo a riconnetterci. Ridendo mi diceva "Ti ricordi quando una volta a casa tua ti raccontavo che non sapevo dove sarei stata e cosa avrei fatto l'anno dopo? Tu mi hai risposto 'Pensa a me, che so fin da ora che sarò esattamente qui a fare quello che sto facendo ora'. Bè, alla fine hai girato forse tu più di me".
Son certa che se domani tornassi, una volta riconquistata la pace, mi verrebbe la nostalgia per il furore italiano. Amo ferocemente un paese caotico e altrettanto profondamente un paese ordinatissimo. Ma sarò scema.

venerdì 1 luglio 2011

"Koffie verkeerd - Caffè sbagliato". Non è un cappuccino, forse assomiglia di più a un latte macchiato ma in fondo neanche tanto. Anche perché è un caffellatte fatto con il caffè olandese, che assomiglia più alla brodaglia americana che al nostro espresso. Una delizia.
La prima settimana in Olanda non me la sono ancora goduta molto. Anzi, sono rimasta praticamente tutto il tempo tappata in casa a lavorare. Non ho ancora ripreso i contatti con un paese che ho detestato e che in realtà è casa. Però i sapori degli anni passati qua sono arrivati fino a me, altri ne arriveranno. Oggi per pranzo mi sono mangiata due panini all'uvetta farciti con il formaggio. Ho ingollato montagne di pane nero; da noi sinonimo di guerra fame e desolazione, qui cibo degli dèi. Non il nostro pane integrale, un panino bianco camuffato con qualche granellino qua e là. Pane nero degno di questo nome perché è proprio così: nero nero, denso di semi, profumato. E poi il latticello, il pan di zenzero, la salsa di arachidi sul pollo. Un mondo che visto da fuori, da italiana "vera", può solo far inorridire. Ma che ha il potere di ridarmi il benvenuto in questo mondo che è anche mio. L'ho ripudiato, ne ho parlato come se fosse l'inferno, per anni ho ricordato solo la pioggia e gli abitanti scorbutici. E lui mi aspettava. Torno dopo otto anni e trovo ad aspettarmi un sorridente panino all'uvetta che mi fa l'occhiolino.
Sono pronta ad ammettere di essere tanto olandese quanto italiana. Ovunque vada mi mancherà l'altra metà del mio mondo, ma ovunque vada sarò comunque nella metà giusta. In una perenne "sovrapposizione di stati" come il gatto di Schroedinger.