domenica 6 maggio 2012

E questa la loro reazione.

Assolutamente mitiche.
Questa la mail che avevo mandato alle mie amiche:

Tirate pur fuori i fazzoletti.

Quando ho deciso di venire a vivere a Bologna, la bellezza di nove anni fa, tutti quelli che mi conoscevano mi hanno preso per pazza. Avevano tutte le ragioni per farlo. Qui non conoscevo nessuno; non avevo un lavoro, la famiglia o agganci. Ero stata qui una volta, per lavoro. E non avevo argomenti. "Ma perché vai a vivere in una città che non conosci, da sola con due bambine piccolissime, senza nessuno che ti possa aiutare?" Non ne avevo idea.

Ora lo so.

Quando sognavo Bologna sognavo voi, anche se ancora non vi conoscevo. Mi immaginavo esattamente dove sono ora: in una casa normale, con le piccole e le bestie, la scuola di quartiere, gli amici sotto casa, i giardinetti. E questo paesaggio era popolato da una rete di persone alle quali volevo bene.

Magari ci si vede poco, presi dalla frenesia che tutti viviamo quotidianamente. Ma non è necessario vivere insieme ogni minuto per sapere che l'altro "c'è". Non solo nel senso che se avessi bisogno potrei contare su qualcuno, ma semplicemente che esiste. E che il suo esistere porta un pò di luce alla mia vita.

Sono certa che tornare a vivere in Olanda ora sarà diverso. Sicuramente al trecentosessantesimo giorno di pioggia consecutiva mi metterò a smoccolare. Mi verrà la malinconia, come prevedibile. Ma non credo che avvertirò quel senso di vuoto che avevo dentro quando sono partita. Perché ormai il buco è stato riempito dalle nostre chiacchiere, dalle risate, dalle incazzature, dalle feste, i concerti, da una quotidianità condivisa. Io parto, ma voi rimanete parte di me e questo non me lo può portar via nessuna distanza fisica.

Mi ero ripromessa di evitare addii strazianti prima della partenza, ma questo proprio ci tenevo a dirvelo.

Augh.