domenica 9 settembre 2012

Il 12 settembre l'Olanda va alle urne. La campagna elettorale è iniziata tre (!!) settimane fa. Si seguono i dibattiti in tv, la gente si attacca in televisione e poi si beve un bel caffè insieme, tutto molto civile e ordinato, come ci si aspetterebbe in un paese come questo. Lungo la strada si vedono cartelloni elettorali che farebbero invidia a uno svizzero, come dice Ed. Squadrati, ordinati, fatti col righello.
Un altro dogma infranto: il 12 settembre è un mercoledì. Mezzo scandalizzata dico al marito: ma votate di mercoledì? Si vota nel fine settimana!
Perché? mi chiede lui. Ehum, perché la gente deve andare a lavorare. "Allora voti prima di andarci, o dopo il lavoro". Eh, ma...sì, in effetti. Ma non avete un giorno e mezzo a disposizione, come noi? No, che ci metti ad andare a votare, non ci vuole mica un giorno e mezzo.
La scuola della piccola è seggio elettorale. Traduzione: la palestra della scuola della piccola è seggio elettorale. Non solo le scuole non chiudono il giovedì per iniziare ad allestire i seggi e il lunedì successivo alle elezioni per smontarli, le lezioni proprio non fanno una piega. Per un giorno ci sarà semplicemente un po' più di gente che va e viene dalla palestra.
Per essere strani son strani, ma per certi versi bisogna ammirare 'sti crucchi. Vivere in una macchina ben oleata immagino possa sembrare soffocante per gli spiriti più liberi e ribelli, ma per ora a me sembra solo molto semplice.

sabato 8 settembre 2012

Questa non l'avevo calcolata. Siamo venuti a vivere in un posto che non conoscevamo ed è stata una bella sorpresa. Ci piace l'ambiente, la gente, le scuole delle ragazze sono fenomenali, la vita iper-organizzata di questi strani crucchi rende l'esistenza molto più semplice di quella vissuta in Italia.
Quello che non avevo calcolato è che qui non devo solo ricostruire una vita da un punto di vista pratico (dove sono i negozi? come si trova un dottore? dov'è il veterinario? come funziona il rapporto scuola-famiglia?); devo anche ricostruirmi un'identità. A Bologna ero quella che chiamavi quando ti serviva una traduzione, quella che lavorava da casa e che poteva tenere i bambini altrui se qualche mamma aveva bisogno. Ero l'amica con la quale mangiarsi una pizza e fare due chiacchiere. La vicina di casa sulla quale fare affidamento, la nipote da chiamare se c'era da andare in ospedale, la "capa" un po' anomala.
Ora, so che è di una banalità sconfortante, ma qui devo ricostruire tutto. Il che mi fa pensare a cosa faccia di me, me. Intendo dire: se domani vado a raccogliere pomodori per pagare le bollette, quanto il mio essere una raccoglitrice di pomodori mi definisce? Dentro posso anche essere la traduttrice libera professionista mamma amica ma vista da fuori raccolgo pomodori. Fino a che punto quello che gli altri vedono e giudicano influenza chi sono realmente? Quanto mi piaceva essere la persona che veniva in mente se qualcuno aveva bisogno di qualcosa e fino a che punto il non esserlo più cambia la mia percezione di me stessa?
Il fatto è che sono tutto e nulla. So fare di tutto un po'; se mi metti a trattare con dei clienti so fare quello, se mi detti a portare avanti un'aziendina ce la faccio, se domani dovessi lavorare ad una catena di montaggio me la caverei. Non sono definita da una passione unica. Cosa fai? Sono una musicista. Sono un agente commerciale. Sono un'imprenditrice. Io non "sono" nulla. So fare tante cose ma tutte un po' così, imparate per esperienza, non perché fossero la passione della mia vita. Quindi per forza di cosa quello che faccio definisce un po' anche chi sono. E ora che mi ritrovo a dover ricominciare da capo mi tocca chiedermi: sì, ma chi sono? Cosa cerco?
E' un filino sconcertante che la risposta sia: boh.

sabato 1 settembre 2012

Abbiamo una figlia liceale. La cosa sinceramente mi fa un po' impressione.
Martine ha iniziato il liceo (passando direttamente in seconda in base all'età) e nel giro di tre giorni è cresciuta. L'essere liceale la galvanizza da matti. L'aver affrontato il terrore di una nuova scuola, in una lingua non del tutto 'sicura', con un sistema molto diverso da quello che conosceva e non aver trovato grandi difficoltà la rende - giustamente - molto orgogliosa. E' passata dal mal di pancia dovuto alla paura di non trovare l'aula, di non fare amicizia con nessuno, di non sapere come muoversi al passare pomeriggi con le nuove amiche, muoversi con una certa dimestichezza in questo edificio enorme che ricorda un college americano e andare e venire da sola con la sua bella bicicletta.
Ieri sera prima festa 'disco' della sua vita. Dalle otto alle undici a scuola con tutte le prime e le seconde a ballare come dei matti. Ha danzato per tre ore di fila ("due con le scarpe da tennis e una con i tacchi"), non ha mai smesso di strillare con le amiche e dimenarsi. E' tornata a casa con le orecchie che le fischiavano e senza voce, felice come una pasqua. Un bel battesimo per la nostra 'grande'! 
Prima riunione alla scuola di Chiara. Tutto bene, ci hanno spiegato il programma (nei minimi particolari), i metodi di studio, i vari test che fanno durante l'anno. Sono riuscita a mantenere un contegno serio e concentrato anche quando ci hanno spiegato che se vediamo che i nostri preziosi figliuoli hanno una calligrafia da gallina possiamo tranquillamente rivolgerci alla fisioterapista convenzionata con la scuola, che non mancherà di darci i dovuti consigli per risolvere la cosa (e nel frattempo una vocina dentro di me strillava "Ma siete normali?????")
All'uscita mi sono fermata a chiacchierare con due genitori di Pescara. E qui viene il clou della serata.

Premetto che ognuno nella propria vita fa quello che gli pare. E fin qui va bene. Ma io vorrei sapere perché cacchio il Padreterno continua a lanciarmi dei pazzi sul cammino. Lascio a Bologna una mamma ciellina che per anni ha cercato di farmi vedere la luce e trascinarmi in udienza dal Papa ("Ma mi hai visto?") e mi ritrovo davanti due che abitano qui da SETTE anni e cosa fanno nella vita? Testimoniano la possibilità di vivere come una famiglia cristiana. Così me l'hanno spiegata. Sono qui da sette anni, ancora non parlano la lingua (né l'inglese, come cazzo fanno a campare non lo so), hanno sei figli e "testimoniano". Sempre con la faccia seria e concentrata di prima li ascolto mentre mi dicono della loro missione, delle difficoltà incontrate e intanto penso: "Sì, ma un lavoro non ce l'hai? Come diavolo paghi le bollette?" Non l'ho capito.

Tornando a casa in bicicletta in realtà mi si è un pochino stretto il cuore per loro. Per uno che vive con convinzione nella luce del cristianesimo ("In pratica, Lucia, sono qui per dirti che Dio c'è". E sono stata un mago a trattenermi dal dire "Eh...sì... mò me lo segno" stile Troisi in 'Non ci resta che piangere'), l'Olanda deve essere in assoluto il posto più allucinante dove poteva capitare. Con tutta 'sta gente che si sposa persone dello stesso sesso, che non si sposa proprio ma ha figli di mille nazionalità diverse, musulmani atei hindu, altro che Sodoma e Gomorra. Immagino solo lo sconforto che li deve prendere.

Ora, io ormai nella vita ho imparato a non escludere nulla. Se il creatore mi vuole sa dove trovarmi e non posso escludere che da qui a che non crepo in effetti veda 'sta benedetta luce e mi converta. Certo che però ha bisogno di attuare una campagna marketing più mirata, perché in questo modo mi convinco sempre di più che una bel lanciafiamme ogni tanto, usato con misura, non possa che far bene.