sabato 20 dicembre 2014

Mi gira per la testa un tale casino di pensieri, emozioni, dire fare baciare lettera testamento che non ci capisco più niente. Mi stanno andando in corto circuito anima e cervello.
Eravamo fermi al fatto che non avevo più un lavoro. O meglio, che non avevo più il lavoro che volevo. Colloquio dal capo, lettera di licenziamento, ci spiace tanto non è che non sei brava è questa dannata riorganizzazione, ciao. E fin qui ci arrivo perché l'ho sempre saputo. Ho iniziato a lavorare con i ragazzi nel novembre del 2012 e a dicembre già mi avevano detto che non potevano tenermi. Un po' tirata dentro da colleghe che facevano finta di non aver capito bene, un po' catapultata in situazioni disastrate dove un paio di mani extra non potevano che essere utili, sono andata avanti come se nulla fosse da un mese all'altro. Poi è arrivata la possibilità di andare a scuola ('ma finito il percorso scolastico non ti possiamo assumere, che sia chiaro') e ho spiccato un salto mortale con triplo avvitamento carpiato. Per un attimo era parso che alla fine sarei riuscita ad atterrare senza frantumarmi le caviglie. A settembre, tre giorni dopo aver preso il diploma, ho fatto un colloquio per passare da 'aiutante' a 'senior' e mi hanno preso. O meglio, semi-preso. Il lavoro di senior era mio - una montagna di letame accumulatasi in anni di negligenza - ma un contratto no. Fai la senior fino alla fine dell'anno, grazie. Mentre spalavo guano e mi divertivo con le colleghe, la mia capa passava da un membro della direzione all'altra per cercare di convincerli a tenermi. Come il mio vasto pubblico ben sa, alla fine non le è riuscito il colpo e dieci giorni fa mi han tirato via il materasso da sotto i piedi un secondo prima dell'atterraggio. L'avevo giusto sfiorato col pollicione.
Bernoccolone sulla testa, stelline che girano, mannaggialamiseria e passiamo oltre. Ripulisco la casella della posta, butto via tutte le carte che non mi servono più, metto a posto i vari progetti in attesa di riuscire a delegare la mia montagnetta di casini a qualcun altro e inizio a guardarmi attorno per un altro lavoro. E poi una bella mattina mi telefona la nuova capa e mi dice che mi assumono a tempo indeterminato. Così.
Il materasso alla fine si è materializzato sotto le mie chiappe come in un fumetto. Ci son seduta sopra e mi guardo attorno senza capire bene cos'è successo.
Meno male che non avevano ancora svuotato il bidone della carta. Ora ripesco tutto e appena smette di girarmi la testa vado avanti.

martedì 9 dicembre 2014

Il mio piano era semplice. Dopo aver ricevuto ieri la conferma ufficiale che dal primo di gennaio non lavoro più con i miei ragazzi, avrei passato settimane filate a piangere, commiserarmi e farmi pare su un futuro da disoccupata, alla mia tenera età. Ieri in effetti il piano era riuscito benissimo. Ho pianto come una fontana e mi sono sentita tradita da un destino baro e crudele, oh me tapina. Questa notte non ho dormito, quindi per oggi avevo programmato una giornata di tv, fazzoletti stropicciati e disperazione.
Ho tenuto botta mezz'ora. Nonostante il silenziatore sentivo il cellulare al piano di sotto trillare in continuazione e richiamarmi alla vita. Dietro alle tende tirate si intravedeva il sole. L'idea di una bella passeggiata fresca al bosco con Alice si faceva sempre più insistente. Insomma, ho retto ben poco. Mi sono fatta una doccia, sono andata a zonzo col cane e sono tornata al lavoro dove, in compagnia di un'altra collega che se ne deve andare, ho riso fino alle lacrime.
Evidentemente la disperazione non fa per me.

sabato 6 dicembre 2014

Mi è capitato di tradurre una lettera. Niente di particolarmente difficile, una semplice lettera dall'olandese all'italiano. Sono stata catapultata in una vita che non seguo più, presa dalla scelta delle parole, dalle sfumature, dalla perenne lotta tra la testa che sa "questa parola significa questo" e un punto indefinito dietro allo sterno che dice "mmmh, ce n'è un'altra che calza meglio, pensa oltre".
Appena aperta la lettera, la mia vita reale è svanita. Niente ragazzi, mail, appuntamenti, turni. C'eravamo solo io, il computer e le parole. Dove in passato avevo mille dizionari sparsi su un tavolo, ora apro tab su uno schermo. Un sito per sinonimi e contrari, uno per le traduzioni dall'inglese all'italiano, un altro per l'olandese-inglese. Mi piacerebbe sapere in base a quale scompenso mentale se leggo un testo in olandese la prima possibile traduzione che mi salta in mente è invariabilmente in inglese e solo dopo averci pensato su mi viene in mente in ìtaliano. Per la scrittura mi manca un ponte semantico tra le due lingue, devo passare dall'autostrada dell'inglese, mentre quando parlo il problema non si pone.
Da una semplice lettera sono nate considerazioni sconnesse su come funziona un cervello, come vola il tempo e quante diavolo di Lucie esistono. Ora faccio quasi fatica a ricordarlo, ma per diversi anni tradurre è stato il mio lavoro. Era il mio mondo e ora non ne è rimasta neanche l'ombra, fatta eccezione per la reazione allergica ai libri mal tradotti. I ragazzi non esistevano e io vivevo in una dimensione diversa. Ora che è iniziato il conto alla rovescia sul lavoro, mi domando se potrei tornare a tradurre o a lavorare in ufficio. Da un punto di vista prettamente pratico direi di sì, se lo sapevo fare prima lo so fare anche adesso. Solo che prima non conoscevo quel mondo parallelo di gente stortignaccola che da un senso alle mie giornate. Se torno dietro ad una scrivania, usciranno dalla mia testa così facilmente? Probabile. Faccio fatica a crederlo, ma per parecchio tempo non ho potuto neanche immaginare di fare altro se non stare in un ufficio; magari funziona così anche nell'altra direzione, anche se un po' ne dubito.
Quello che comunque riaffiora come una costante è il mio amore per le parole. La soddisfazione di condurre battaglie epiche alla ricerca di quel determinato termine che sai essere perfetto, mentre lui ti prende per i fondelli rifiutando di affiorare da un angolino buio del tuo cervello. Il famoso libro che il marito attende con fede da anni non nascerà mai perché mi manca una storia, ma in quanto a voglia di scrivere me lo godrei di sicuro.