giovedì 31 dicembre 2015

Sono le cinque della mattina. E' dall'una e mezza che Alice va avanti e indietro per casa come se si stesse avvicinando l'Apocalisse. L'ho portata fuori, sono venuta a dormire con lei sul divano, ma non c'è stato verso di calmarla. A differenza degli anni passati, ancora non si sentono dei gran botti. Chissà quali antenne le fanno comunque capire che è arrivato Capodanno. Per lo meno, immagino sia quello che la spaventa, che altro potrebbe essere.
Detesto i festeggiamenti finti per la fine dell'anno, l'idea di dover essere per forza allegri ad una determinata ora mi comunica una tristezza infinita. Da anni me ne vado beatamente a letto alle dieci, come tutte le sere, di norma portandomi dietro il cane. Quest'anno invece siamo ospiti dai cognati; casa nuova, primo Capodanno senza nonno, dài stiamo insieme. Non è una cattiva idea, ma se voglio sopravvivere devo farmi un bel pisolino prima di partire.
Non ho più raccontato com'è andata la morte del nonno. Ci arriverò, devo prima sbrogliare un grumo di immagini, sensazioni, pensieri che ancora non hanno trovato le parole giuste.
Comunque sia, se l'anno nuovo assomiglia a quello appena passato possiamo solo considerarci veramente molto fortunati.

giovedì 12 novembre 2015

Un respiro alla volta.
E' vero che questi pochi mesi sono passati in leggerezza. Tante visite al paesino magico dei nonni, con la suocera carcerata che passava il tempo sfornando delizie e il suocero che guardava le partite di pallone con Ed. L'atmosfera è sempre rimasta accogliente, le visite allegre. Anche con un nonno che peggiorava, l'idea di un addio definitivo non è mai stata reale. Sì, tutti ragionevoli e giudiziosi, si sapeva che alla fine nonno avrebbe scelto di andarsene, ci sembrava la cosa più logica e civile. Perché soffrire anche un minuto di più del dovuto se si può evitare.
Oggi Ed rientra a casa e dice semplicemente: "Mercoledì." Con un colpo solo mi esce tutta l'aria dai polmoni.  Ora è vero, è qui, muore. Martedì c'è, mercoledì non c'è più.
Non mi ero aspettata una tale randellata nei denti. Aspetti solo di conoscere la data, gli auguri di non dover restare a patire un giorno più del necesssario e quando la data arriva ti investe un treno.
Sono rintronata, triste, indolenzita. Per un attimo funziono in modalità 'tutto da sistemare', cancello riunioni, mando mail, cambio turni. Poi, seduta fuori sopra una panchina in questo novembre inverosimilmente caldo, piango tutte le mie lacrime. Mi vengono fuori a fiotti, come si fa da bambini. Sono calde, ruzzolano giù senza la minima possibiltà di arginarle.
E mi rendo conto che non ho la minima idea di come sopravvivere a questa settimana, soprattutto come fare in modo che Ed, le ragazze e mia suocera la passino nel miglior modo possibile.
Non lo so. L'affronterò nell'unico modo che conosco, un respiro alla volta.

giovedì 3 settembre 2015

Quanto mi era mancato.
Prima le vacanze, piene di chiacchiere, posti da visitare, amici e parenti da rivedere. Un frullìo di colori sapori allegria sole e colli. Poi il rientro, la ripresa della scuola, il lavoro con il piede sulla tavoletta del gas. Nel frattempo la malattia del nonno, i relativi viaggi dai suoceri, le assenze di Ed da compensare. Insomma, sono settimane che non sto ferma. Il che non mi pesa, quello che veramente mi pensa in realtà è che non c'è mai silenzio. Al lavoro ovviamente manco a pensarci. A casa o c'è qualcuno che chiacchiera e/o fa domande a raffica o c'è la musica accesa o la televisione a palla o qualche elettrodomestico in sovralavoro. Tutto nella norma quando si ha una famiglia, ma ora che per la prima volta da mesi sono a casa da sola mi rendo conto di quanto fisicamente mi sia mancato il silenzio. Sono qui e tutto tace. Una goduria indescrivibile. Mi sento il silenzio sull'anima come un balsamo. Sssshhhhh.

sabato 8 agosto 2015

Qui non è mai la morte di nessuno. Neanche quando è la morte di qualcuno.
Una decina di giorni fa, mentre ci stavamo godendo una bella vacanza sui colli marchigiani, ci arriva la notizia che mio suocero è malato terminale di cancro. Per anni l'abbiamo preso in giro perché andava dal medico a ogni piè sospinto. Ridacchiando gli dicevamo "Sei l'uomo più monitorato della terra, ci seppellirai tutti." Peccato che durante i mille controlli per tumori alla pelle, cuore malandato, diabete e quant'altro sia sfuggito il piccolo particolare che aveva un cancro all'esofago, andato in metastasi al fegato.
Ed riceve la notizia direttamente da suo padre, che gli parla con la flemma di un postino che ti chiede la firma per una raccomandata. Dopo un po' a sua volta la riferisce a me con la stessa compostezza. "Non c'è più niente da fare." Stesso tono con cui potrebbe dire "Cara, ho pagato tutte le bollette." Ok, ormai vivo da tanti anni in un Paese sobrio, faccio parte di questa famiglia misurata, ho un marito equilibrato, funziona così.
Da quando siamo tornati siamo andati spesso dai nonni. Abbiamo parlato tanto, fatto passeggiate, mangiato e riso insieme. Devo dire in tutta sincerità che li ammiro. Ammiro la sobrietà olandese in generale e la compostezza di questa famiglia in particolare. E' un gran dolore. E' una fregatura immensa. E' un fulmine a ciel sereno. Ma non è un dramma. Certo, si piange. Certo, siamo tristi. Ma non siamo solo tristi. Si va a mangiare dai nonni e si chiacchiera, come si è sempre fatto, fra bollettini medici e barzellette. Si va a passeggiare con i cani per boschi e si ha la libertà di esprimere qualunque pensiero, triste o allegro che sia. Ad entrare in casa non si respira un'aria angosciante, anche se non si evita di guardare in faccia la realtà. 
A dirla tutta sono contenta che le ragazze vivano qui per la prima volta il dolore di perdere qualcuno di molto caro. Perché assorbono anche l'idea che per quanto penoso, morire è inevitabile. Per quanto triste l'idea, prima o poi con la morte devi fare i conti e non è detto che lo si debba fare solo piangendo fiumi di lacrime e strappandosi i capelli. Ci si può anche avvicinare alla fine con grazia, senza negare il dolore ma senza fermare la vita. Perché qui in fondo è ancora radicata una convinzione antica che la morte faccia parte della vita stessa. In passato era un concetto naturale anche da noi, ma ormai abbiamo rimosso la morte dalle nostre esistenze fino a farla diventare un tabù. Invece per come la stiamo vivendo ora è inevitabilmente un argomento spinoso, non se ne chiacchiera certo a cena con gli amici come se fosse l'ultimo film di grido, ma non si evita neppure di affrontare l'argomento. I miei suoceri stanno mettendo in pratica con grande eleganza il detto "Il dolore è inevitabile, la sofferenza una scelta."

domenica 12 aprile 2015

Il dottore mi ha prescritto la corsa per combattere la bronchite. "Devi essere la 'bulla' dei tuoi polmoni." Dottore, ma è sicuro? Ma un bel trapianto, no?
Decido di ingaggiare un personal trainer. Già la parola mi fa venire i conati, ma visto che ho bisogno di qualcuno che fisicamente mi venga a prendere a casa e mi trascini nel bosco ad allenarmi, altre soluzioni non mi sono venute in mente. Cerco su Google, trovo un bel sito, sembra gente seria.
Prendo appuntamento con tale Patrick. Mi ritrovo davanti il tizio del Miglio Verde. Un cristone gigantesco, nero come la pece, una fascio di muscoli che parla. Sorprendentemente, parla con voce molto delicata e ha modi gentili. Deve essere abituato a donne sovrappeso di mezza età che razionalmente sanno di dover fare del movimento ma che urlano con ogni cellula che no, la corsa proprio no. Motiva, blandisce, spiega, incoraggia, si bilancia su una sottilissima corda tra il benevolo e il severo. Più che un personal trainer, un fine psicologo. Ribatto ad ogni sua parola ma non si scoraggia. Ha la pazienza di un santo. Io smoccolo, polemizzo, recalcitro ma intanto corro. Corro e non muoio. Corro e non penso solo a quando potrò ripiombare sul divano. Corro e succede un mezzo miracolo.
Per errore mi scappa una mezza endorfina e per un attimo. giusto un nanosecondo, prendo il ritmo e mi dimentico di cosa sto facendo. Corro e basta. Non penso, non mi godo il bosco, non calibro il respiro, il cervello non mi frulla per nulla. Non funziona proprio. Non so di preciso dove sia, ma non con me.
Sarà questo il bello della corsa di cui tanto parlano gli appassionati? Ma alla fine succederà più di un nanosecondo di fila? Perché diciamocelo, non esiste attività più insensata di quella di mettere un piede avanti all'altro senza scopo alcuno. Non vai da nessuna parte, non hai mete, non hai niente di interessante da andare a scoprire. Ti muovi e basta. Non ha senso. Che almeno porti all'illuminazione.

giovedì 2 aprile 2015

Ora la sparo grossa. Però ci sto pensando da diversi mesi, da prima di natale per essere precisi, quindi sono pronta a spararla.
Da qualche parte su internet mi sono imbattuta nel racconto di una signora che aveva adottato un cane senior e a questo proposito ha detto: "She shifted something deep in my heart and out of that came compassion." Il che mi ha dato la conferma di non essere del tutto matta a pensare che se ora faccio il lavoro che faccio in parte lo devo ad Alice.
La tendenza a fare da 'Madre Teresa' è di famiglia, il marito mi sfotte da anni per questo. Però ho sempre condotto una vita 'normale' dove aiutare gli altri si traduceva in dare una mano ogni tanto ad amici più o meno stretti ove richiesto, ma non era proprio il centro della mia esistenza. Per di più sono di natura piuttosto schifiltosa; ci vuole davvero poco perché qualcosa mi faccia senso, specialmente lo sporco. Datemi una superficie appiccitaticcia e mi va in palla il cervello. Calcolando che mi facevano schifo anche le pappine che preparavo per le figlie, la mia soglia-conato è piuttosto bassa. Poi è arrivato questo cane che all'inizio non volevamo neanche portare a casa da quant'era brutto, ma che ha oleato qualche meccanismo misterioso e che ora mi appare bellissimo. Non nel senso che ci ho fatto l'abitudine, ma nel senso che lo vedo bello.
Con i miei ragazzi è uguale. Oggettivamente sono storti, un po' puzzolenti, perdono umori da ogni orifizio, mi sbavano addosso, quando li vedi mangiare ti passa l'appetito a vita, non hanno tutti i pezzi al posto giusto. Eppure li vedo belli. Non per vocazione, per spirito di servizio o per nobiltà d'animo. Sono semplicemente molto belli. E questa compassione nel senso di Mit-gefühl, "Io sento quello che tu senti, ti vedo per tutto il bello che sei", me l'ha regalata Alice.

lunedì 19 gennaio 2015

(a proposito di vite 'sistemate', mi è venuta una voglia devastante di iscrivermi all'università. Filosofia?)

domenica 18 gennaio 2015

E' arrivato il momento, posso far festa! Resto a lavorare con i miei ragazzi, mi è arrivata la conferma di aver passato l'ultimo esame - quindi anche il diploma ormai è una certezza. Tutto quello per cui ho lavorato come una matta da che ho messo piede in Olanda si è realizzato. Non succede spesso, ma per il momento posso dire di non desiderare nulla, la mia vita com'è ora è tutto quello che mi serve.
[Stacco. Bosco soleggiato. A spasso con Ed e Alice.]
Ed: "Ho la sensazione che la nostra vita si stia appiattando nella routine. E' quasi ora di una nuova avventura."
Oddio, sole, mi sono 'sistemata' da meno di un mese. Dammi almeno il tempo di annoiarmi prima di inventarci qualche altra cazzata...

sabato 10 gennaio 2015

Ragazzi, e se vi rassegnaste? Il mio essere atea non è 'una fase' - lo sono da più di trent'anni. Il mio essere atea non significa che brancolo nel buio e che non conosco la bellezza, l'amore e la 'magia della vita'. L'essere un'affiliata involontaria della chiesa cattolica mi ha dato così fastidio che ormai sono sbattezzata - e di conseguenza scomunicata - da anni. Visto quel che succede nel mondo, ormai non sono solo atea ma inizia pure a venirmi una certa orticaria nel confronto delle fedi monoteistiche in generale. Quindi, per cortesia, rassegnatevi. Non c'è speranza di convertirmi. Peggio ancora, i vostri tentativi mi offendono profondamente. Devo dire che nessuna delle mie amiche musulmane ha mai cercato di convertirmi all'Islam, mentre di amiche cattoliche che mi hanno guardato con benevola indulgenza perché non conoscevo la Vera Fede ne ho avute parecchie. Detto fra noi, la cosa inizia ad urtarmi parecchio.

mercoledì 7 gennaio 2015

"Non c'è niente da negoziare con i fascisti.
La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge ce la da già, la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova.
Grazie, banda di imbecilli."
(Stéphane Charbonnier, direttore di Charlie Hebdo)