martedì 19 novembre 2013

La sindrome del gioco dell'oca. L'idea che una vita si sviluppi in modo lineare è una jattura. Non dico niente di nuovo, eppure cresciamo con l'idea che la vita alla fine sia un successo se si è andati per tappe, facendo tana secondo obiettivi abbastanza precisi. Scuola, lavoro, una famigliuola con tanti bei bimbi tutti sani belli ed educati, casa di proprietà - si inizia da quella piccola e si lavora per quella più grandina, magari con un giardinetto. Arrivati alla mia età si dovrebbe voltarsi indietro e guardare con soddisfazione ai tanti traguardi raggiunti.
Io se guardo indietro vedo solo un gran casino. Errori, occasioni perdute, praticamente nessuna tappa rispettata se non quella della famiglia. Non bellissima e iper-educata ma insomma anche se stortignaccola a me piace lo stesso.
Non bisognerebbe farsi fregare da quest'idea che se non hai seguito il manuale alla fine è stato tutto un fallimento. Per parecchio tempo questa sensazione l'ho avuta eccome. Ora invece mi sembra di aver ricominciato cento volte, novantanove delle quali sono state una cazzata, eppure ritrovarmi spesso alla casella di partenza mi è servito. Perché alla centesima volta ho imboccato una strada che mi piace e chissà se mi sarei resa conto che era proprio la via giusta se l'avessi percorsa fin dall'inizio, senza termini di paragone. Forse quello che ora vedo con chiarezza e mi sembra speciale mi sarebbe sembrato banale se non avessi conosciuto altro. O forse avrei fatto bene a mettere la testa a posto molto prima e a quest'ora andrei molto fiera del mio giardinetto.
Comunque sia, son grata per le esperienze passate ma direi che questo giro può anche essere l'ultimo, facciamo che la strada rimane questa.

lunedì 4 novembre 2013

Alla fine non è seguita nessuna delibera familiare perché la democrazia in certi casi non funziona. Metà famiglia è per la libertà (io perché non sopporto l'idea di tenerla chiusa contro la sua volontà, babbo perché spera che una volta o l'altra non torni) e l'altra metà la vorrebbe tenere in casa per sempre. Alla fine decido io così si fa prima.
Però prima la facciamo inciccionire un pochettino (mi sento come la strega di Hansel e Gretel che cerca di far ingrassare il bimbo prima di divorarlo) e poi riapriamo le finestre e vediamo dove va.

venerdì 1 novembre 2013

La gatta è rientrata, dopo quasi una settimana fuori con la tempesta, le lacrime della piccola, i nervi della mamma e la segreta soddisfazione del babbo che aveva meno confusione in casa (salvo poi chiamarla a gran voce ogni volta che passava per il quartiere in bici rientrando dal lavoro).
Ora sorge spontanea la domanda: che facciamo, la chiudiamo in casa a vita per risparmiarci ogni volta una sincope collettiva o rispettiamo il suo bisogno di libertà e la lasciamo andare? Tanto poi quando ha una fame blu rientra (è la metà del gatto che era, che già non abbondava in modo particolare).
Segue delibera familiare.