domenica 21 novembre 2010

Domenica di pioggia. Meno male, devo recuperare due settimane di lavatrici non stirate. Abbiamo passato l'ultimo mese a correre come degli idioti quindi oggi le bimbe - finiti i baccanali in onore del 12° compleanno di Martine - hanno ordine di restare a casa senza la solita masnada di amici e impegni.
Dopo una mattina di tranquilli lavori di casa inizio a stirare. Marti è sdraiata per terra insieme ad Alice e ascolta canzoni su Youtube. Parte da Jovanotti ("Credevo fosse più bello", dice. "Bè - rispondo - per uno che fa il cantante non è mica importante che sia bello, basta che sappia cantare". Chiara reagisce con un modestissimo "Allora io non posso cantare perché sono bella". Alla faccia dell'autostima). Da Jovanotti a Tiziano Ferro il passo è breve. Da lì a "E Raffaella è mia" è un attimo.
Una valanga. E' bastato scoprire che Raffaella Carrà esiste davvero e in effetti canta e balla per far saltare la diga. Stiriamo e scodinzoliamo ascoltando il Tuca Tuca, Ballo ballo e poi via da Gianni Morandi con Fatti mandare dalla mamma e Andavo a cento all'ora, Vianello e i suoi Watussi, Abbronzatissima, Guarda come dondolo, Fred Buscaglione, Mina con la zebra a pois. Come le ciliegie un numero tira l'altro, si dondola e si sculetta e d'un tratto la montagna di panni da stirare è pronta da riporre nell'armadio.
Sicuramente ci sono mille altri modi migliori di questo per passare la domenica.
Al momento però non mi vengono in mente.

lunedì 15 novembre 2010

Marti e babbo sul divano a smanettare col computer, mamma a rassettare la cucina.

Martine: "Snoop dog è morto?"
Mamma: "No, amore"
Martine: "Canta ancora?"
Mamma: "Sì, piccola"
Martine: "Ma com'è, giovane o vecchio più o meno come voi?"

martedì 9 novembre 2010

Un giorno pensi di aver raggiunto il limite della sopportazione. I sassolini nelle scarpe si sono ingigantiti fino a diventare pietre. La figlia malata, la scuola che ruzzola, il futuro incerto, il marito all'estero, lefiglielacasaigattiilcane, la pediatra nella quale non credi più e dovrai cambiare, le maestre algide e anche un filino stronze. Ti dici che poi passa, ma non passa. Non dormi di notte, sei sfatta di giorno, il proverbiale cane che si morde la coda.
Arrivi in Tribunale (in bicicletta sotto la pioggia, come nei peggiori melodrammoni strappalacrime) e ti ritrovi davanti all'ennesima porta chiusa e un cartello che ti dice che devi andare da tutt'altra parte perché nell'unica settimana che non hai seguito il tutto da vicino hanno cambiato sede, orari, modalità e cancellieri. La tentazione di prendere il telefono e dire al marito che è ora di lasciare questo Paese bizantino e esacerbante si fa incontenibile.
Poi il giorno dopo torni in Tribunale. Pedali sempre sotto la pioggia, ma il cancelliere dietro la scrivania (contrariamente a quello solito che ti sgrida se non metti le graffette come dice lui) è una persona umana. A domanda risponde senza guardarti come se fossi una disgustosa macchia di sugo sulla camicia nuova. E la figlia ha ripreso un pò di colore e sorride. E questa sera sai che vai da un altro dottore, con la speranza che almeno lui ti dia un minimo di certezze. E ti rendi perfettamente conto che per quanto la grande sia entrata in pubertà ed inizi a farsi spinosetta, in realtà ti sta ancora andando alla grande e hai solo da baciarti i gomiti. E la tua amica ti manda una mail dolcissima. E ti commuovi perché il fratello orso ti chiama per avere notizie e le cugine fanno il tam tam di solidarietà alle tue spalle. E sai che il giorno che ti deciderai a chiedere aiuto ci sono amiche pronte a prestarlo. E insomma la vita non è ancora magari del tutto a posto, ma un bel puntino di luce in fondo al tunnel si vede.

mercoledì 3 novembre 2010

Ho sempre pensato di non conoscere la paura. Per quanti alti e bassi possano capitare nella vita, mai nulla mi ha spaventato tanto da portarmi alla paralisi. Momenti difficili ce ne sono stati tanti, come nella vita di chiunque. Ma buio panico mai.
Ora so che faccia ha il terrore. Ha la faccia di tua figlia che si assottiglia sempre di più, che passa da un dottore all'altro, da una visita a un'analisi, da una medicina a un rimedio manco fosse una cavia. Presa sottogamba da troppo tempo.
Ora sappiamo cos'ha ma nessuno sembra riuscire a spiegarci come venirne fuori. Così oltre allo squarcio nero che ti si apre nello stomaco ogni volta che la vedi ammalarsi, sei schiacciata da un senso d'impotenza assolutamente intollerabile. Se non ci prendono sul serio la pediatra, i medici del S. Orsola, tutti quelli che l'hanno visitata in questi anni, chissà chi lo deve fare. Ora oltre alla preoccupazione per un rene "smangiucchiato" (ma si può parlare così?) e le pielonefriti che ci assillano (certe parole è meglio non conoscerle del tutto) si aggiunge il casino di dover andare a litigare con un ospedale per ricominciare da capo con un altro.
Ora è il momento dello sfogo, poi passa. Adesso mi viene solo da piangere ma alla fine reagisco e affronteremo anche questa. In fondo non è poi la fine del mondo, non riesco neanche a immaginare cosa debba aver provato zia quando hanno diagnosticato Paolo.