mercoledì 3 novembre 2010

Ho sempre pensato di non conoscere la paura. Per quanti alti e bassi possano capitare nella vita, mai nulla mi ha spaventato tanto da portarmi alla paralisi. Momenti difficili ce ne sono stati tanti, come nella vita di chiunque. Ma buio panico mai.
Ora so che faccia ha il terrore. Ha la faccia di tua figlia che si assottiglia sempre di più, che passa da un dottore all'altro, da una visita a un'analisi, da una medicina a un rimedio manco fosse una cavia. Presa sottogamba da troppo tempo.
Ora sappiamo cos'ha ma nessuno sembra riuscire a spiegarci come venirne fuori. Così oltre allo squarcio nero che ti si apre nello stomaco ogni volta che la vedi ammalarsi, sei schiacciata da un senso d'impotenza assolutamente intollerabile. Se non ci prendono sul serio la pediatra, i medici del S. Orsola, tutti quelli che l'hanno visitata in questi anni, chissà chi lo deve fare. Ora oltre alla preoccupazione per un rene "smangiucchiato" (ma si può parlare così?) e le pielonefriti che ci assillano (certe parole è meglio non conoscerle del tutto) si aggiunge il casino di dover andare a litigare con un ospedale per ricominciare da capo con un altro.
Ora è il momento dello sfogo, poi passa. Adesso mi viene solo da piangere ma alla fine reagisco e affronteremo anche questa. In fondo non è poi la fine del mondo, non riesco neanche a immaginare cosa debba aver provato zia quando hanno diagnosticato Paolo.

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