lunedì 28 gennaio 2013

Certo che nove anni a Bologna mi hanno proprio marcato. Dovevo andare al consolato italiano ad Amsterdam per rinnovare il passaporto, operazione possibile solo su appuntamento previa prenotazione online. Ok, verso ottobre sono andata sul sito e il primo buco disponibile era questa mattina. Non avendo viaggi in programma, purtroppo, mi andava bene così. Memore di tanti incontri-scontri con la Pubblica Amministrazione italiana, come unica precauzione ho telefonato per essere certa dei documenti necessari. O meglio, ho provato a telefonare per settimane di fila senza successo. Dopo circa cinque settimane di tentativi alla fine mi ha risposto una signora - quando ha tirato su per poco non mi strozzo dalla sorpresa. Molto gentile, mi dice che mi servono due foto e un documento che posso scaricare da internet, compilare e far co-firmare al marito come assenso ad un eventuale viaggio all'estero con le ragazze senza di lui. Mah, mi sembra un po' troppo semplice, ma ci credo.
O meglio, pensavo di averci creduto. In realtà mi accorgo di aver preparato questo viaggio ad Amsterdam come se fossi dovuta andare in missione in Afghanistan. Orari del tram, dei treni, binari da dove si parte, tragitto per arrivare in consolato a piedi o con i mezzi, numeri di telefono d'emergenza. Ho preparato la borsa due giorni prima, salvo poi controllare cento volte se avevo dietro tutto (considerato che eran due cose, avevo dietro tutto).
Immaginate quindi la mia faccia sbalordita quando, dopo una misera mezz'oretta di attesa, non solo ho scoperto di aver dietro tutti i documenti necessari, ma mi sono ritrovata sulla via del ritorno con il passaporto nuovo in mano. Niente attese di 180 giorni lavorativi, niente 'quando è pronto la contattiamo', niente iter impervi e oscuri. Due foto, un modulo e a casa con il mio scintillante passaporto in mano. Strabiliante.
In compenso ho fatto una scoperta che ancora non so come catalogare. Che qui ci fossero i treni a due piani lo sapevo già. Ma in quello che ho preso questa mattina sulla porta dello scompartimento di sotto c'era un adesivo di due omini stilizzati che si sporgevano uno verso l'altro, mentre al piano di sopra l'adesivo mostrava un computer, delle cuffie e un libro. Quindi sotto è per chi ha voglia di passare il viaggio chiacchierando e sopra è riservato per chi vuole stare in santa pace.
Ancora non so cosa pensarne. Ammirare la civiltà e l'organizzazione democratica di un popolo che rispetta i desideri di cittadini variegati o inorridire all'idea che qui c'è una regola precisa proprio per tutto.

giovedì 17 gennaio 2013

Oggi son tornata a nuotare. Adoro il nuoto, io che considero qualsiasi forma di movimento che non sia una passeggiata col cane un supplizio inutile e insopportabile. In acqua tutti i pensieri ingarbugliati nella testa si dipanano come per magia. All'inizio solo perché devo stare attenta a mille cose, le bracciate, muovi le gambe, non ti scordare di respirare e via dicendo. Poi a un certo punto il corpo va da sé ma ormai la mia capacità di formare pensieri più o meno coerenti si è sciolta in acqua e ho la testa vuota. L'ha descritto bene mia cugina in un suo post, che rubo e incollo, definendo il nuoto un'esperienza sublime. Non potrei esser più d'accordo.

"Entri in acqua malvolentieri e già dalle prime bracciate capisci che sarà dura. I muscoli sono rigidi e ti sembra di non galleggiare. Vasca dopo vasca speri che prima o poi ti scioglierai e intanto cerchi di pensare ad altro. Le prima 40 vasche non passano mai. Va bene la noia, ma oggi c’è anche la fatica. Così decidi che arriverai solo a 2500 metri invece dei soliti tremila. Arrivata ai duemila sei ancora in affanno, altre 20 vasche ti sembrano un’eternità da nuotare.
Poi, all’improvviso, CAMBIA qualcosa. La bracciata si scioglie e diventi LEGGERA. Cominci a scivolare sull’acqua come ti piace, senti il gesto tecnico che migliora, percepisci ogni minima variazione di assetto, allunghi la presa, la accorci, sperimenti, non nuoti più ormai, quasi giochi con l’acqua, che è tornata tua amica. Non c’è più freddo o caldo, né fatica, né obiettivo da raggiungere, sei avvolta da un totale senso di BENESSERE e persino i pensieri sembrano galleggiare.
Forse è così che ci si sentiva nel caldo riparo del liquido amniotico, quando la vita era una potenzialità tutta da esplorare e non ancora un susseguirsi disordinato di molte occasioni perdute e pochi sogni realizzati.
Sospesa fuori dal tempo, in un’altra dimensione, perdi il conto delle vasche, sai che hai già superato la soglia prevista, ma continui, una bracciata via l’altra, semplicemente perché è impossibile smettere. E’ sceso anche il silenzio. La stessa superficie dell’acqua si è fatta più calma, e quasi ti dispiace scomporla."

lunedì 14 gennaio 2013


Quando poi l'acqua dei canali si ghiaccia, arriva la neve e sotto casa vedo le papere camminarci sopra mi rimane sempre e solo la stessa parola: surreale.



E son quarantacinque!
So di coetanei che faticano a mandar giù l'età, per questo mi domando come mai io ne sia invece elettrizzata. In realtà di norma il mio compleanno passa sotto relativo silenzio, perché arrivo a metà gennaio sfatta da tutte le feste comandate e ain pos piò. Infatti mi sa che non ho sparso bene la voce nel corso degli anni, perché mi ha chiamato gente diversa in date diverse, però tutti nella settimana giusta, hi hi. La pietra miliare dei 40 in compenso l'ho festeggiata con ben tre feste diverse e anche questi 45 mi ringalluzziscono da matti.
Forse ha qualcosa a che fare col fatto che ho tre fratelli maggiori (il più 'piccolo' ha comunque sei anni più di me, son grandi sul serio) e arrivare sopra i quaranta mi concede il lusso di non essere più la piccola di casa. Ma regge poco, perché poteva essere così anche per i trenta, a ben pensarci. Oppure vale il fatto - già menzionato in qualche altro post - che rendo grazia al cielo sempre e comunque per esserci arrivata, per di più con più gioie che dolori. O ancora vale che anche se nella mia mente ho sempre vent'anni non riesco ad abbracciare la mania moderna dell'eterna gioventù. In qualunque altro periodo storico a quest'ora sarei stata la vecchietta del villaggio e la cosa non mi turba per niente, anzi. Mah. Non so perché, comunque mi godo il mio bel traguardo in allegria. E per festeggiare ora vado a fare lo spesone, perché purtroppo il frigo vuoto se ne frega della mia maestosità.

sabato 12 gennaio 2013

L'Italia è un caffellatte.
Questa mattina Martine se ne è bevuta uno per colazione, dopo mesi che non lo prendeva. Tutto d'un tratto è tornata indietro nel tempo, per lei il caffellatte sa di Italia. Come la capisco! Anche per me è così. Le è venuto un coccolone da nostalgia, cosa che per altro ancora non l'abbandona mai per troppo tempo. Io purtroppo ho dovuto rinunciare a questa gioia sublime, perché con l'età sono diventata intollerante al lattosio. Però il resto della famiglia ancora lo beve e quando ne sento il profumo mi sciolgo.
Ora viaggio a tè. Litri e litri, dai più normali ai più esotici. L'Italia è un caffellatte, l'Olanda una tazza di tè. Ognuno dei due con i suoi pregi, ma proprio due mondi diversi.