martedì 9 novembre 2010

Un giorno pensi di aver raggiunto il limite della sopportazione. I sassolini nelle scarpe si sono ingigantiti fino a diventare pietre. La figlia malata, la scuola che ruzzola, il futuro incerto, il marito all'estero, lefiglielacasaigattiilcane, la pediatra nella quale non credi più e dovrai cambiare, le maestre algide e anche un filino stronze. Ti dici che poi passa, ma non passa. Non dormi di notte, sei sfatta di giorno, il proverbiale cane che si morde la coda.
Arrivi in Tribunale (in bicicletta sotto la pioggia, come nei peggiori melodrammoni strappalacrime) e ti ritrovi davanti all'ennesima porta chiusa e un cartello che ti dice che devi andare da tutt'altra parte perché nell'unica settimana che non hai seguito il tutto da vicino hanno cambiato sede, orari, modalità e cancellieri. La tentazione di prendere il telefono e dire al marito che è ora di lasciare questo Paese bizantino e esacerbante si fa incontenibile.
Poi il giorno dopo torni in Tribunale. Pedali sempre sotto la pioggia, ma il cancelliere dietro la scrivania (contrariamente a quello solito che ti sgrida se non metti le graffette come dice lui) è una persona umana. A domanda risponde senza guardarti come se fossi una disgustosa macchia di sugo sulla camicia nuova. E la figlia ha ripreso un pò di colore e sorride. E questa sera sai che vai da un altro dottore, con la speranza che almeno lui ti dia un minimo di certezze. E ti rendi perfettamente conto che per quanto la grande sia entrata in pubertà ed inizi a farsi spinosetta, in realtà ti sta ancora andando alla grande e hai solo da baciarti i gomiti. E la tua amica ti manda una mail dolcissima. E ti commuovi perché il fratello orso ti chiama per avere notizie e le cugine fanno il tam tam di solidarietà alle tue spalle. E sai che il giorno che ti deciderai a chiedere aiuto ci sono amiche pronte a prestarlo. E insomma la vita non è ancora magari del tutto a posto, ma un bel puntino di luce in fondo al tunnel si vede.

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