Arrivi in Tribunale (in bicicletta sotto la pioggia, come nei peggiori melodrammoni strappalacrime) e ti ritrovi davanti all'ennesima porta chiusa e un cartello che ti dice che devi andare da tutt'altra parte perché nell'unica settimana che non hai seguito il tutto da vicino hanno cambiato sede, orari, modalità e cancellieri. La tentazione di prendere il telefono e dire al marito che è ora di lasciare questo Paese bizantino e esacerbante si fa incontenibile.
Poi il giorno dopo torni in Tribunale. Pedali sempre sotto la pioggia, ma il cancelliere dietro la scrivania (contrariamente a quello solito che ti sgrida se non metti le graffette come dice lui) è una persona umana. A domanda risponde senza guardarti come se fossi una disgustosa macchia di sugo sulla camicia nuova. E la figlia ha ripreso un pò di colore e sorride. E questa sera sai che vai da un altro dottore, con la speranza che almeno lui ti dia un minimo di certezze. E ti rendi perfettamente conto che per quanto la grande sia entrata in pubertà ed inizi a farsi spinosetta, in realtà ti sta ancora andando alla grande e hai solo da baciarti i gomiti. E la tua amica ti manda una mail dolcissima. E ti commuovi perché il fratello orso ti chiama per avere notizie e le cugine fanno il tam tam di solidarietà alle tue spalle. E sai che il giorno che ti deciderai a chiedere aiuto ci sono amiche pronte a prestarlo. E insomma la vita non è ancora magari del tutto a posto, ma un bel puntino di luce in fondo al tunnel si vede.
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