mercoledì 2 luglio 2014

Avanti a testa bassa come un mulo. Lavoro scuola lavoro compiti lavoro casa lavoro scuola. Ogni tanto alzo lo sguardo e saluto un pezzo di famiglia, ma per il resto tiro dritta. Ho ancora due settimane di tempo per finire quel che devo consegnare a scuola, che non è poco. Esco da turni di notte per mettermi al computer, finisco di lavorare, faccio una spesina al volo e mi rimetto dietro al computer.
Poi però telefona zia. E' un po' che la volevo chiamare per far due chiacchiere, come si fa sempre, ma sono rimasta indietro di una decina di giorni. Appena sento la sua voce per un nanosecondo penso "ora non ho tempo" e il nanosecondo successivo registro il suo tono e chiedo: "Cos'è successo?" "Eh - sospira - è morta Mamì". Mamì? Non dire cazzate, non è possibile.
Perché poi non dovrebbe essere possibile morire a ottant'anni, con il cuore balengo, il diabete e una serie infinita di acciacchi non è chiaro. Anzi, è chiarissimo. Non è possibile perché non voglio, tutto qui. Mamì è la mia infanzia; io vado lemme lemme per i cinquanta e dovrei ben aver fatto pace con l'idea che non sono più una bambina. Anzi, ho fatto una fatica boia a scrollarmi di dosso la posizione di "piccola". Però Mamì era la prova provata che quando voglio posso tornare indietro. Entrare in gelateria, berci un caffè insieme facendo due chiacchiere, ritrovarmi nello stesso identico posto dove zia mi lasciava mentre andava a fare la spesa quando ero un nano. Un po' stavo tra i piedi a Mamì dietro al bancone, un po' andavo a rompere a Costantino sul retro mentre lui preparava i gelati. Un profumo inconfondibile che a me dice una cosa sola: sono felice.
Ora Mamì se n'è andata e io sono a centinaia di chilometri di distanza e non posso neanche andare al suo funerale. Non dico niente di tutto lo smottamento di emozioni che scatta ogni volta che succede qualcosa a zia, con relativo romanzo di legami sentimenti ricordi che ha lei come figura principale. Però ora mi fermo. Per Mamì, per Costantino, per zia, per me. Mi metto in balcone a guardare l'acqua e le canne mosse dal vento e il computer dovrà aspettare.



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