giovedì 23 giugno 2011

Questo post è dedicato a Miriam, che quando lo leggerà riderà sotto i baffi e avrà tutte le ragioni per farlo.
Da tempo racconto che mi sono ritrovata il cane fra capo e collo, rimanendo fregata dalla partenza immediata del marito cinofilo. In effetti non sono mai stata un'estimatrice. I cani puzzano, impicciano come figli piccoli, ti stanno attaccati addosso come canottiere bagnate e ti frantumano il cuore con il loro perenne sguardo adorante. Senza contare poi che da piccola un cane mi ha aggredito lasciandomi delle cicatrici in faccia e da allora tutti quelli poco più grandi di uno spazzolone mi fanno paura.
Quindi la versione ufficiale vuole che io sia una gattara (il che è indubbio) e il marito l'appassionato di cani, pertanto l'idea del cane è stata sua. In realtà l'ho fortemente voluto con la stessa logica usata per i figli: nessuna. Sapere che non si è portati a fare la mamma e mettere al mondo due figlie. Immaginare che un cane ti avrebbe complicato la vita e prenderne uno. La mia vita è lo specchio della mia intelligenza.
Ora il cane c'è e, proprio come le figlie, mi ha invaso il cuore. Ieri ha dovuto subire un'operazione per estrarre quattro denti e rimuovere una spiga dalla zampa. Pensavo di morire. L'ho lasciata in clinica alle nove e mezza, sono andata a riprenderla alle sette di sera. Ogni minuto della giornata si è dilatato all'infinito, non passava più.
Miriam è la voce della mia coscienza, che quando mugugno mi ricorda che il cane è stato una mia idea. E mò pedalo.

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