sabato 16 agosto 2014

Uno dei miei tanti problemi è il costante conflitto tra il mio primo pensiero e quello che in effetti dico. Esempio: ieri il marito stava combattendo con una di quelle sportine malefiche che puoi tenere in borsa in caso ti capiti di fare una spesa inaspettata. Dopo un po' gliel'ha data su. Ho preso la sportina per piegarla e il primo commento che mi è venuto in mente è stato: "Non ti preoccupare, amore, faccio io. Lavoro con gli handicappati."
Ovviamente è scattato il filtro. Perché anche se lo penso con bonomia sono abbastanza cosciente del fatto che trattare così il prossimo non è bello. Il primo, nitidissimo ricordo di quando ho capito che dovevo tenere a freno la lingua risale alle elementari. Non ricordo bene cosa mi sia venuto fuori di bocca, ma vedo ancora il mio compagno di classe in lacrime, la maestra che lo consola e la sua domanda: "Ma come fai a piangere per qualcosa che ha detto Lucia? E' così dolce."
Altra fregatura. Non solo la natura mi ha dotato di una mente nera come la pece ma l'ha nascosta dietro ad una faccia da angioletto. Avessi un centesimo per tutti i commenti che ho ricevuto sulla dolcezza del mio sorriso a quest'ora avrei la Porsche sotto casa.
E così vivo in un costante conflitto fra quello che veramente vorrei dire e quello che in effetti formulo. Immagino di non essere la sola con questo problema, ci sarà altra gente abbastanza spocchiosa da vaneggiarsi più intelligente del prossimo. Però vorrei che non fosse così. Sono dolorosamente conscia del fatto che ho ben poco da esser superba; vedo fin troppo bene i miei limiti e purtroppo superano di gran lunga le virtù. Mi piacerebbe solo che l'umiltà necessaria mi venisse naturale e non fosse una perenne battaglia tra un ego a mongolfiera e un cervello che lo deve ridimensionare ad ogni piè sospinto.

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