sabato 6 dicembre 2014

Mi è capitato di tradurre una lettera. Niente di particolarmente difficile, una semplice lettera dall'olandese all'italiano. Sono stata catapultata in una vita che non seguo più, presa dalla scelta delle parole, dalle sfumature, dalla perenne lotta tra la testa che sa "questa parola significa questo" e un punto indefinito dietro allo sterno che dice "mmmh, ce n'è un'altra che calza meglio, pensa oltre".
Appena aperta la lettera, la mia vita reale è svanita. Niente ragazzi, mail, appuntamenti, turni. C'eravamo solo io, il computer e le parole. Dove in passato avevo mille dizionari sparsi su un tavolo, ora apro tab su uno schermo. Un sito per sinonimi e contrari, uno per le traduzioni dall'inglese all'italiano, un altro per l'olandese-inglese. Mi piacerebbe sapere in base a quale scompenso mentale se leggo un testo in olandese la prima possibile traduzione che mi salta in mente è invariabilmente in inglese e solo dopo averci pensato su mi viene in mente in ìtaliano. Per la scrittura mi manca un ponte semantico tra le due lingue, devo passare dall'autostrada dell'inglese, mentre quando parlo il problema non si pone.
Da una semplice lettera sono nate considerazioni sconnesse su come funziona un cervello, come vola il tempo e quante diavolo di Lucie esistono. Ora faccio quasi fatica a ricordarlo, ma per diversi anni tradurre è stato il mio lavoro. Era il mio mondo e ora non ne è rimasta neanche l'ombra, fatta eccezione per la reazione allergica ai libri mal tradotti. I ragazzi non esistevano e io vivevo in una dimensione diversa. Ora che è iniziato il conto alla rovescia sul lavoro, mi domando se potrei tornare a tradurre o a lavorare in ufficio. Da un punto di vista prettamente pratico direi di sì, se lo sapevo fare prima lo so fare anche adesso. Solo che prima non conoscevo quel mondo parallelo di gente stortignaccola che da un senso alle mie giornate. Se torno dietro ad una scrivania, usciranno dalla mia testa così facilmente? Probabile. Faccio fatica a crederlo, ma per parecchio tempo non ho potuto neanche immaginare di fare altro se non stare in un ufficio; magari funziona così anche nell'altra direzione, anche se un po' ne dubito.
Quello che comunque riaffiora come una costante è il mio amore per le parole. La soddisfazione di condurre battaglie epiche alla ricerca di quel determinato termine che sai essere perfetto, mentre lui ti prende per i fondelli rifiutando di affiorare da un angolino buio del tuo cervello. Il famoso libro che il marito attende con fede da anni non nascerà mai perché mi manca una storia, ma in quanto a voglia di scrivere me lo godrei di sicuro.

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