lunedì 9 luglio 2012

Dal profondo di uno degli scatoloni emerge una cassetta che mi porto dietro da parecchio tempo. Monetine da uno, due, cinque centesimi - quando va bene dieci - accumulatesi negli anni. In tempi remoti la mia banca (che dio l'abbia in gloria in eterno, cara carissima Unicredit) mi aveva fornito dei blister in plastica da riempire. Una fila di monetine da un centesimo, un pacchettino di monetine da due centesimi e via contando. Manco a dirlo, mi mancava sempre il proverbiale centesimo per fare la lira (in questo caso, l'euro) e alla fine gliel'ho data su. Ho cacciato tutto in un cassetto, ogni tanto ci buttavo dentro altre monete in attesa di tempi più rilassati e via.
Ieri sera, trovata la scatolina, ho pensato: "Ok, stiamo rimettendo a posto tutta la nostra esistenza, mò smaltisco pure questa. Mi sono messa lì con pazienza e ho iniziato a riempire colonnine di plastica. Una moneta, due monete, tre monete...
Passa il marito e mi guarda con aria paternalistica. "Guarda amore che qui porti il sacchetto con le monete in banca, le butti dentro una macchinetta e quella te le conta automaticamente, accreditando l'importo sul tuo conto".
Eh già, perché voi siete il Paese Organizzato, mò stai a vedere che avete anche le macchinette intelligenti in banca, magari non mi tocca neanche fare la fila. Ma figurati.
Questa mattina lui tornava al lavoro, io l'ho accompagnato alla fermata del tram, che è sulla strada per il super. Siamo passati davanti alla filiale della nostra banca, siamo entrati, abbiamo imboccato la macchinetta con tutte le monetine che avevamo in casa, lei ha fatto "gdenk gdenk" per un po' e poi ha accreditato 12 euro e 43 centesimi sul nostro conto.
Ma dimmi te se questo è un paese normale.

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