venerdì 23 novembre 2012

Credo che metterò in discussione il termine 'disabile'. Mi è stato gentilmente suggerito da un'amica che era sobbalzata alla parola handicappato e ho preso ad utilizzarla in nome del politically correct. Però secondo me è una parola che non funziona.
Lavoro presso due strutture diverse, una per ragazzi severamente handicappati e una per ragazzi autistici o con la sindrome di Down che conducono una vita abbastanza indipendente. Ieri sera ero alla casa di accoglienza con i ragazzi autistici e stando a tavola tutti insieme mi sono resa conto che non hanno niente di dis-abile. Anzi, sono parecchio abili. Lavorano, si prendono cura di sé, cucinano. Stanno a tavola tutti insieme come una famiglia molto più funzionale di tante altre 'normali'. Si raccontano la giornata, si prendono per i fondelli uno con l'altro, chiacchierano. Poi vanno a farsi una bella doccia e si guardano tutti insieme l'unica telenovela olandese che va avanti imperterrita da più di vent'anni e inchioda milioni di sudditi della regina davanti alla tv tutte le sere. E' ovvio che dietro a un tale idillio di collaborazione c'è un lavoro di anni. Però alla fine tutto vedo tranne che gente incapace o, appunto, disabile.
Non mi piace manco il 'diversamente abile'. I ragazzi danno un nome preciso alla loro diversità, usano il termine medico. Però son nomi generalmente sconosciuti a noi comuni mortali. Mah, mi farò venire in mente qualche alternativa.

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